La musica ci insegna a vedere con l’orecchio e a udire con il cuore. (Kahlil Gibram)

La musica è dentro di noi. Il battito del cuore, i nostri passi, lo sbattere delle ciglia sono RITMO PURO, le nostre parole, il pianto, la risata sono MELODIE. Anche il nostro vocabolario è ricco di musica, ci fate caso? “Mi sento bene, te le canto, i miei ritmi sono scanditi da mio figlio, non ho tempo, mi suona bene quello che dici”. Non è un caso allora se moltissimi studi scientifici hanno dimostrato che la musica stimola lo sviluppo globale del bambino e ne favorisce il benessere affettivo. Perché allora non far ascoltare ai nostri bambini brani musicali tutto il giorno nella speranza di vederli crescere emotivamente equilibrati?

Perché la musica da sola non funziona. Per attivare lo sviluppo cognitivo e affettivo del bambino è indispensabile che ci sia una relazione con il genitore. Attraverso la musica, che diventa uno strumento e non un obiettivo, la mamma e il papà possono esprimere le parti più profonde di sé e della relazione che stanno costruendo con il loro bambino, permettendogli di crescere e svilupparsi in modo pieno e armonico.
Ma per farlo bene, è necessario affidarsi a chi conosce queste dinamiche e ha una formazione adeguata nella gestione della relazione bambino-adulto. Un professionista capace di uno sguardo attento anche verso il genitore, che partecipa volenteroso alle attività ed esperienze proposte, in grado di sostenerlo e di intercettare le sue richieste anche quando sono silenziose. Qualcuno che gli dà la sicurezza che, in caso di difficoltà c’è un “custode” che si prende cura della coppia genitore-figlio.

Non è il musicista, che è molto esperto di musica ma non di relazioni. Nemmeno l’educatore musicale, che con una buona formazione ha come obiettivo “educare alla musica” i bambini.
E’ solo il musicoterapista che usa la musica come strumento per migliorare il benessere e la capacità relazionale delle persone. Nel caso della coppia genitore-bambino, facilita, stimola, arricchisce, accompagna lo sviluppo della loro relazione.
E’ un po’ come per la neuro psicomotricità. Il terapista usa il gioco per permettere al bambino di vincere le sue paure o difficoltà, in modo che possa esprimere, conoscere e dare un nome alle proprie emozioni. Il musicoterapista ha lo stesso obiettivo, ma utilizza come canale il suono. Quando lavora con genitore e bambino, non chiede loro di stare dentro un ritmo e un tempo stabilito, non  dice al genitore cosa deve fare, non  costringe a fare.  Il suo compito è mettere a disposizione la pura libertà di espressione, che può essere anche un silenzio. Permette al genitore e, attraverso di lui anche al bambino, di conoscersi meglio, di scoprirsi musicale, di utilizzare un altro canale per esprimere rabbie, paure, gioie.
Gli consente di avvicinarsi ai linguaggi e ai tempi del figlio molto piccolo con naturalezza e spontaneità.

In una parola, la musicoterapia accompagna le persone a scoprire e seguire il proprio RITMO e la propria MELODIA.

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